L’equivoco nasce nel Medio Evo, si chiama ‘slittamento semantico’, quando cioé il significato di una parola slitta scivolando giù per la discesa cambiando senso.
Nel Medio Evo la Meditazione diventa essenzialmente un esercizio ascetico, a volte crudele, che giunse persino alla mortificazione della carne. Solitamente rappresentava una ‘approfondita riflessione su un testo sacro’, comunque legata ad una regola religiosa e ad una questione di fede. L’equivoco nasce da qui. Visione non è Intenzione, Conoscenza non è Consapevolezza; Riflessione non è Meditazione. 

Platone nel Simposio ci racconta che Socrate sapeva stare in meditazione, fermo, immobile, in piedi per un intero giorno: “Ed egli ci restò finché fu l’alba e il sole si fu levato: poi se ne andò via, dopo aver fatto la preghiera al sole”. E' la “Preghiera al sole”, ‘élios anéschen’, ‘anà’ è ‘su’, ‘ècho’ e ‘sollevare’, “Sollevo le mani verso il sole” in segno di saluto. (È questo l'esercizio che proponiamo nel 3MinAlDì, lo stesso che si fa in apertura di ogni forma Tai Ji). Un esercizio puramente di  ‘meditazione’.

La parola ‘Meditazione’ viene dal greco antico, precisamente dal sostantivo ‘meléte’, letteralmente significa ‘Cura’, ‘Attenzione’, ‘Esercizio’. Oppure dal verbo ‘méletào’, cioè ‘mi occupo di’, ‘ho cura di’, ‘I care’. Per dire “Riflessione” i greci usavano il termine ‘theoréo’, da cui deriva “teoria”.

Della stessa idea erano gli antichi romani, il termine ‘Meditazione’ è giunto a noi direttamente da loro, viene dal verbo ‘meditatio’ con cui traducevano il greco ‘méletào’, trasposizione di ‘mederi’, che significa ‘Medicare’, ‘Sanare’, Curare’. Insomma: ‘Meditare’ ha la stessa radice semantica di ‘Medicare’.

“La meditazione è una cura, un medicamento, un farmaco.” 

 

“Conosci te stesso” 

Nell’Alcibiade maggiore, Platone racconta un dialogo tra Socrate e Alcibiade. Ad un certo punto Socrate dice:
“Ebbene, potremmo mai sapere quale arte renda migliore se stessi, mentre ingnoriamo chi siamo? [...] Tuttavia, Alcibiade, che sia facile oppure no, per noi la questione si pone così: conoscendo noi stessi potremo sapere come dobbiamo prenderci cura di noi, mentre, se lo ignoriamo, non lo potremmo mai sapere.”

Sul frontone del tempio dell’oracolo di Delfi c’era scritto: “Gnothi Seautòn”. Socrate prese questa iscrizione a modello per la sua filosofia. “Conosci te stesso”. Per lui la “Conoscenza” è la condizione prioritaria per riuscire ad “avere cura di sè”. Esortava sempre i suoi discepoli a preoccuparsi della salute, di apprendere da chi era esperto, se possibile, e di fare attenzione a se stessi per tutta la vita. Chiedersi quale cibo, quale bevanda e che tipo di sforzo giovi al proprio corpo, e come potrebbe vivere nelle migliori condizioni di salute. “Se uno presta attenzione a sé in questo modo è difficile che trovi un medico che sappia diagnosticare meglio di lui quello che serva alla sua salute”.

Socrate prescriveva di fare attenzione al corpo, aggiungeva la necessità di indirizzare tale ricerca guardando dentro se stessi: l’anima. Per vedersi veramente e quindi per conoscersi meglio dobbiamo rivolgere l’attenzione alla parte migliore di noi, è da lì che parte la sapienza: “L’attenzione all’anima è la chiave della conoscenza”.


Avere Cura di Sè

La “meditazione”  è pratica, è esercizio, è lasciare andare. Si può ascoltare il corpo, si possono seguire i pensieri, andare al mare o in montagna, leggere un buon libro, visualizzare i colori dell’arcobaleno e ancora più su, o in dentro, non importa, l’infinito è lo stesso.

“Gli occhi sono lo specchio dell’anima”. Sia in Grecia che in Cina si ricorre spesso alla metafora dello specchio: “Lo specchio non si muove con le cose, non le anticipa, non le trattiene, esso risponde alle cose.” Il corpo si specchia nell’anima, e viceversa. L’anima si specchia in un’altra anima così come gli occhi si specchiano in altri occhi. Solo così l’uomo può trovare l’elemento comune, aderire a se stesso e somigliare al divino.

“Avere cura” è rispondere alle leggi del logos, aderire alla natura, accedere alla propria anima. Solo così l’uomo appartiene alla “umanità”. Un uomo che non medita non è.